Arrival – Tra fantascienza e introspezione. La nostra recensione del film


La fantascienza è uno dei miei generi preferiti, quando si pone come conoscenza del diverso, ricerca dell’universale dentro se stessi mi affascina e mi cattura.

 

Il 19 Gennaio esce nei cinema Arrival, un film di Denis Villeneuve con Amy Adams, Jeremy Renner e Forest Whitaker, e chi fosse già stanco del vuoto cosmico dei film di Natale potrà riempirlo con questa emozionante storia di fantascienza sorprendentemente nuova che ci interroga su un punto poco esplorato nei film di genere, cioè sulla nostra maniera di comunicare. Trovare un ponte con la diversità, spingersi al di là del linguaggio comune, esplorare l’interiorità. In un cinema che ci ha abituati a supereroi in tuta spaziale che sconfiggono l’alieno a suon di battute sarcastiche, Arrival diversamente indaga l’ignoto attraverso la comprensione di un metalinguaggio misterioso.

Nel mondo galleggiano 12 navi aliene e Amy Adams che interpreta una linguista di fama viene incaricata dall’esercito degli Stati Uniti di stabilire un contatto con gli extraterrestri. Il compito si rivela molto arduo, ma la protagonista riuscirà a comprendere la rappresentazione del pensiero alieno stabilendo un’empatia con il diverso. La protagonista è un’eroina insolita, una madre che ha vissuto il più immenso e inspiegabile dei dolori, quello della perdita di un figlio, ma attraverso la codifica di questo linguaggio alieno, tondo e misterioso, riuscirà forse a ridisegnare anche il suo destino.

Chi come me ha amato Gravity e Incontri ravvicinati, non dovrebbe perdersi questo film, che va oltre la fantascienza e si impone come una narrazione spazio temporale che utilizza come strumento di conoscenza non solo dell’ignoto ma anche di se stessi.

Arrival si candida dunque ad essere un vero capolavoro del cinema di fantascienza, con divagazioni nel campo della scienza e della filosofia, al cinema dal 19 Gennaio. Da non perdere!

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