Di tramonti e di racconti

Le cose vanno sempre come devono andare.

Sono all’ombra di un ulivo mentre scrivo. Da dieci giorni non chiedo più a nessuno che ore sono.
Non ho visto ancora nemmeno un’alba ma ho colto ogni giorno un tramonto. I tramonti non li devi aspettare, ti sorprendono mentre percorri un tratto di strada in salita, mentre vai sul bagnasciuga per sciacquarti la sabbia dalle dita.

Giù dalla collina un padre rincorre una bambina sulla bici tenendogli saldo il sellino, gli sta insegnando l’equilibrio, gli sta insegnando la vita. La lascia quando la pedalata si fa veloce, ma la bambina dopo poco cade e piange.
Penso che nessuna escoriazione farà mai male quanto la ferita di non essere riuscita, siamo nate per diventare cocci e saremo sempre qualcosa di diverso e di nuovo se ci sapremo rincollare.
Trovare i pezzetti, i frammenti d’anima e rimetterli insieme, e poco importa se qualcuno manca o se l’abbiamo montato al contrario, solo così ci saremo reinventate.

L’estate dovrebbe servire anche a questo, ad imparare a pedalare, a ricostruire, persino quando è filato tutto liscio non dovremmo mai lasciare che sia sempre tutto uguale.
L’estate dovrebbe servire a vivere le nostre vite e anche un po’ quelle degli altri, a rubare le storie che ci vengono raccontate davanti ad un falò sulla spiaggia, ma anche quelle che nessuno ci viene a dire per prudenza o per pudore, quelle impari a leggerle nel fondo degli occhi del tuo interlocutore.

Mi piacerebbe al ritorno trovare sulla mia bacheca più storie che tramonti, perché anche da quelle passa la bellezza e la complessità del mondo.
Mi piacerebbe che ognuno di noi raccontasse un aneddoto, un tratto di costa rocciosa che ha visto nelle pieghe delle mani di un arrampicatore.
Io inizierò raccontandovi di quella bambina che dopo essere ripetutamente caduta dalla bicicletta ha imparato a volare…

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