nem IKEA miche

copertina ikea

Potrei dividere le persone che conosco in quelle che vanno DA Ikea e in quelle che vanno ALL’Ikea.
Poi ci sono gli snob, con i mobili in teak e divagazioni di modernariato, pezzi rarissimi di design super raffinato, per intenderci sono quelli che “Io all’ikea non ci sono mai nemmeno entrato”, li riconosci perché hanno sempre un tavolino lack all’ingresso o come comodino alla destra del letto.

Io appartengo alla categoria dell’odio/amore, memIKEAmiche, gioia e dolore.

All’Ikea ci vado anche se non ho bisogno di niente e nella mia casa non c’entra più nemmeno uno spillo, preferibilmente nei giorni di festa quando la gente bivacca su divani, rigoverna le cucine passando il panno pelle dentro al lavandino e gioca a tresette sui tavoli da giardino.
Perché l’Ikea è il luogo della tolleranza, il grande fratello dove i visitatori sono tutti concorrenti, e negli anni ho raccolto sostanziali indizi che mi inducono a ritenere che a fine giornata i dipendenti votino quello più deficiente. Di norma si tratta di colui che ha fatto scattare più volte l’allarme dell’uscita di sicurezza, a cui fottesega di spaccare i timpani all’intero padiglione e anche a quelli di Leroy Merlin che abitano di fronte lo attendono al varco per sotterrarlo nella malta a presa rapida che tanto è sempre in offerta.

E non pensate mai, nemmeno per un istante, che io ne venga fuori a mani vuote, mi porto sempre, dico sempre, almeno quattro tazze da tè, una pila da mille strofinacci da cucina, tre spazzoline per lavare i piatti, un vaso e settantadue piantine, le candele profumate, tre zerbini con la scritta welcome, una cassettiera di cui non avevo alcun bisogno ma che tanto tra due mesi avrà tutti i cassetti sfondati sotto il peso poderoso di due mutande e le polpette vegetariane con cui cenerò al rientro alle 11,00 di sera, dopo interminabili code in tangenziale, e che mi resteranno sullo stomaco per le successive settantadue ore, cioè il tempo esatto di permanenza della cassettiera imballata sul ciglio della porta.

Ed è inutile che ogni santa volta io poi mi riproponga di non andarci più, perché verrà la domenica stanca e desolata in cui fissando la cassettiera sfondata io penserò che sia giunta l’ora per me di ritornare a bere un caffè svedese gratis e di portarmi a casa una libreria Billy con ernia L5, S6 incorporata. Una di quelle che quando la trasporti ti sembra così pesante e solida e quando hai finito di montarla ti chiedi se sul retro puoi evitare di inchiodare lo schienale dello spessore scarso di 3mm, che un poster anni ’80 dei Duran Duran va bene uguale, e soprattutto resiste meglio al passare del tempo.

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1 commento su “nem IKEA miche”

  1. Grazie al cielo mi succede il contrario, riempio il carrello e poi comincio a sfoltire dicendomi “non mi serve”, “con questi soldini acquisto un pezzo di artigianato…sì, decisamente molto meglio”. Alle piante però non rinuncio mai.
    Sì, tra me e Ikea è amore e odio….
    ciao Benedetta

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