in/tono


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Non sono mai stata una che canta, purtroppo. Eppure mi piacerebbe, adoro le persone che cantano perché credo siano portatrici sane di buonumore, che riescono a scaricare la tensione di un momento attraverso la voce o che trasformano improperi in melodia, sussurri incerti in dichiarazioni.
Non ho mai cantato sotto la doccia, né davanti al frigo o al semaforo, tuttavia conosco a memoria enciclopedie di canzoni. Può succedere che le tengo a mente, ma non le canto. Magari ci duettano le dita sulla tastiera mentre lavoro o il piede ne insegue il ritornello noto, quasi a voler dire “non ti proclamo ma ti sento, ti conosco e ti potrei raccontare proprio come sei, parola per parola, ma mi piace di più ascoltarti. Non smettere, ti prego”.

Ad ogni modo, sono settimane che inciampo dentro al canto. Ovunque.
Qualche giorno fa aveva le sembianze di un ragazzo in bicicletta, sotto la pioggia battente, che pur di ripetere la sua musica in cuffia non si curava dell’acqua che gli entrava dappertutto, anche in bocca. Chissà, forse voleva solo bere in modo originale ma forse anche no.

Poi è stata la volta del vicino di coda in tangenziale. Un tizio distinto di mezza età, uno di quelli da giacca-camiciabianca-cravatta anche sotto l’ombrellone che ti stupiresti di meno a vedere piangere che cantare. Scandiva versi con precisione e impegno tali che nemmeno una ventenne al concerto di Cremonini. Uno degli incontri più intensi della mia settimana.

Ieri addirittura hanno provato a farmi cantare Paul McCartney durante la lezione di inglese. Che sia contagioso, ho pensato? Tipo che dall’ebola siamo passati all’ugola senza nemmeno rendercene conto? Mah.

A rifletterci, tutto è iniziato da quando si è rifatto vivo il Natale. Che arriva sempre più in anticipo. L’anno scorso a fine novembre, quest’anno le prime luci già dal 3, roba da non capire se si trattava di lumini del giorno prima o di luminarie di quello dopo. Avete presente quel Natale che tutti lamentano iniziare sempre troppo presto e che in fondo in fondo quei tutti li renderebbe felici anche da metà ottobre? Ecco, quello.

Sì, la gente che canta implora lo spirito leggero del Natale, anzi addirittura lo osanna. Ci sono arrivata solo adesso.
E io che pensavo che il mondo mi stesse dicendo qualcosa.
In realtà è la gente, tutta, che ha molto da dire al mondo. “Tieniti il tuo caffè da riunione asettica che ho voglia di Ciobar, panna e dei miei acari da divano” per esempio.

Oggi, se fossi una che canta, non scriverei, proverei a cantare. Canterei perfino quelle cose che sanno di essere le canzoni che scrivo ma che se cantassi stonerei.
Proverò comunque a intonare, giuro, con tutto l’entusiasmo del principiante euforico, l’audacia del curioso, il gracchio della fumatrice. Certo è che mi metterò in tono all’ouverture dicembrina tirando giù dagli scaffali maglioni love actually, calzettoni by Aspen, e cori di tartan come se non ci fosse un domani.

Quanto a voi, cantate. Mi piacerebbe ascoltarvi tutti.

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8 commenti su “in/tono”

  1. Uno dei tuoi scritti più toccanti, profondi, da bisturi! Presente, io canto, e ho insegnato a cantare. Il canto si trasmette, è anima. Pensa che aiuta persino a gestire l’asma, perché modula il respiro. Sperando che funzioni, se non crepi prima! Tu indicibile. Natale a parte! Sai che detesto qs atmosfera finta. A te invece ti amo. 😀

  2. Io adoro cantare, ho fatto prima questo che parlare. So di avere un dono e cerco di non coltivarlo in maniera sana ed intelligente!
    Mi ha fatto sorridere questo post perché anche secondo me cantare è un ottimo modo per esprimersi.
    Anche a me piacerebbe ascoltarTI!
    Buon week end! 🙂
    xoxo

    Giulia

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