Vestire un’imperfezione

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Al liceo le versioni di greco e latino potevano tornare indietro tristi e intonse oppure pennellate di matita rossa e blu.
Il blu sottolineava gli errori gravi, disegni oltremare per farti notare che avevi annegato il significato del testo, mentre i ricami rossi indicavano la leggerezza, tipo un “ma sì ma dai, hai cucito sul foglio il bottone troppo lasco, ma comunque tiene”.
Quel rosso era cosa adorabile, sia quando spezzava l’atmosfera pesante di un blu notte afoso, sia quando, vivace, punteggiava la regolarità di bianco/neri saputelli e tanto, tanto noiosi.

(Schizzi vermiglio per allacciare cuoio puro ma fangoso, per far gioire sedute di cucina, per variare il baricentro di un abito durante cene troppo rigide, per baci che lasciano il segno, per stiletti da temperare a fine serata).

Vestitelo senza tanti imbarazzi, per piacere, perché l’errore non starà mai nella forma imperfetta del suo colore, ma nella sostanza più o meno azzeccata del taglio che starà dipingendo.

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Immagini da:
Fleaing France
Haeni Kim
Patterson Maker
Vetustanova

7 commenti su “Vestire un’imperfezione”

  1. Anche per me il colore rosso era un segno molto poco desiderato! Segnalava un errore gravissimo! Forse se avessi avuto allora, questo tuo testo tra le mani l’avrei presa molto meglio!

  2. la nostra è una sintonia destinata a durare…visto il mio post di venerdì…dopo le righe un tocco di rosso era quello che ci voleva per suggellare il nostro comune modo di pensare! 😉

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